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Simbolismo & Film

 

La finestra di fronte di Ferzan Ozpetek

 (per chi non l'avesse visto : questo commento può contenere elementi chiave e il finale del film)

 

La “pagina” iniziale del film (musica e espressione) introduce il tema principale: l’intensità del pathos con le struggenti inquietudini, che non si può rimuovere.

Ma andiamo con ordine oltre una memoria, estranea per ora ai protagonisti, che il muro ha trattenuto.
 

La coppia sembra avere i caratteri invertiti: lei è rigida e razionale come un maschile, lui tenero e quasi passivo come un femminile. Non viene spiegata la storia di lui, forse, in quanto maschile di lei costipato che non sa agire la vita. Perché se il maschile è troppo teso reagisce anziché agire.

E infatti lei reagisce a qualsiasi stimolo (commesse, marito, figli, sconosciuti) con irritazione, impazienza e insofferenza. Non riesce ad accettare gli altri, tuttavia si adegua alle “regole sociali”. Perché non sa come levarsele di dosso intrappolata dai condizionamenti (non sa come dire che controllare il personale non è suo compito ..). Solo chi ne è libero trova la naturale ovvia logica (con la bocca, le risponde l’amica).

Lui quasi non reagisce, solo se portato agli estremi. Non sceglie, è trasportato dagli avvenimenti, protetto dalla mamma (che gli ha lasciato il contratto della casa). Però è spontaneo, tenero, “mamma” .. dà asilo al femminile che protegge e si prende cura dei deboli.

  

Altro protagonista: il MURO.

Che recinge l’essere per preservarlo da influenze esterne, ma lo imprigiona anche. Come accade alla protagonista che rifiuta da subito compassione e solidarietà per non complicare ulteriormente la propria vita. La giustificazione ragionevole, che uno sconosciuto probabilmente pazzo può rappresentare un pericolo per i figli, è successiva alla volontà di allontanarsi prima e disfarsi poi del vecchio. Soffocando un’innata sensibilità che però non si lascia irretire da paure e preclusioni (la preoccupazione, la compassione, la cura che man mano si fanno avanti).

Così si apre una finestra nella prigione in cui è intrappolata. Diventa ricettiva (l’agire del femminile).

 

Ma anche il Muro del Pianto (non dimentichiamo che si trova nel ghetto ebreo) simbolo di separazione. E qui ce ne sono tante, compresa quella degli opposti che non cooperano.

Fatto  di rimpianti e nostalgie come spinta a vivere, come memoria per comprendere.

Il vecchio rappresenta questo. La separazione in lui dalla propria passione è stata portata fino alla fine da forzature esterne (la deportazione, la morte dell’amato). Ma l’altra passione l’ha portata a compimento diventando un pasticcere rinomato (Non fare della passione un hobby, dice alla donna che fa un lavoro che non le piace anziché fare della sua passione il proprio lavoro).

Egli vuole (maschile) e ama (femminile).

Ricorda gli accadimenti, la separazione. Anche quella fra se e gli altri, diversità e normalità, l’Io e il sociale. L’unica, pare, che l’abbia condizionato (ha salvato gli altri=società per essere accettato) nel tentativo di superare una separazione irreale perché insensata. Cosa che gli ha insegnato a riconoscerla (non ti accontentare di sopravvivere, devi pretendere di vivere in un mondo migliore, non di sognarlo).

Si apre un’altra finestra. La donna diventa riflessiva.

  

Il SOGNO viene esaminato più da vicino. E’ il vecchio che lo ha reso possibile provocando l’incontro fra la donna e l’uomo della finestra di fronte. Mentre la lineare logica dell’amica (l’essere semplici e naturali) rende possibile porsi domande e trovare risposte sostanziali.

Si apre ancora un’altra finestra. La donna si specchia nell’altro.

Il ragazzo è educato e “inamidato”, adattato alla mentalità comune (il suo lavoro non lo entusiasma ma gli da possibilità di carriera-immagine). Le rimanda la propria immagine che la fa indietreggiare (quando lui rileva la pericolosità di uno sconosciuto per i figli lei appare infastidita).

Come lei, l’ha osservata e ha sognato questo amore impossibile perché irreale (finché si tratta di sognare qualcosa va tutto bene, ma quando si tratta di farlo diventare realtà ...) che, nel caso della donna, fa trascurare i semi della possibilità (all’inizio era diverso, aveva detto al vecchio parlando della sua unione) perché ci si lascia troppo condizionare dal “buon senso comune”.

E’ l’inseguire qualcosa di impossibile, idealizzato, come sostituto alla mancanza di significato. Forse per questo l’uomo parla troppo invece di abbandonarsi. Non c’è passione ma illusione.

La finestra si spalanca e la donna si osserva con gli occhi dell’altro. Osserva la sua vita nella quale lei stessa manca, ma non del tutto. Comparendosi, si ritrova e decide di prendere in mano la propria vita.

 

Non è la rinuncia al Sogno, ma al fantasticare come fuga dalla realtà. Torna ai sogni originari. Ai propri amori per renderli attivi. Abbandona l’illusione per costruire la propria vita come desidera.

Il marito accoglie il cambiamento con l’esplosione, forse liberatoria, dell’inquietudine. Agitato, comunque, perché la trasformazione di una parte implica anche quella dell’altra (e infatti lei gli chiede di aiutarla), una cooperazione.

  

L’Io (la donna) per evitare i condizionamenti dall’esterno si è chiusa completamente ma questo l’ha resa ancora più vulnerabile e suscettibile, perché l’ha sottratta a se stessa.

Solo permettendo all’altro di entrare (dalla finestra di fronte), la parte di se in ombra ha la possibilità di ritrovarsi e risvegliarsi. Lasciarlo entrare significa, anche, lasciarlo libero (cioè accettare il distacco-allontanamento dell’altro per non rischiare di confondersi e confonderlo con se), accettarlo per quello che è (non posso chiedere di più) e diventa possibile introiettare la corrispondente parte di se, rafforzandosi attraverso la comprensione (tutti quelli che se ne vanno ti lasciano sempre addosso un po’ di se ..). Questo viene testimoniato dallo scemare dell’impazienza nei confronti degli altri.

Anche a questo serve la memoria, a ricordarsi che non si è isolati.

 

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