SECRETARY di Steven Shainberg
(per chi non l'avesse visto : questo commento può contenere elementi chiave e il finale del film)
Secretary
(interessante la non traduzione che consente una non definizione del
genere maschile o femminile) che propriamente significa "colui cui si
confidano cose segrete, riservate".
I temi trattati, che
si intrecciano e sovrappongono traendo anche in inganno, sono molteplici:
ruolo sociale e identità personale, normalità e diversità, maschile e
femminile, ragione e istinto, dominio e sottomissione, la ricerca del
sublime.
I luoghi comuni, anche
quando presenti, sono di fatto banditi : la storia, di una freschezza provocatoria, sembra quasi
pretesto per introdurli - senza contraddittorio - lasciando lo spettatore
libero di decidere se rifletterci sopra o meno.
E questo già dalla scena iniziale che
mostra una Lee
soggiogata (legata al giogo come animale da soma), che si adopera
diligentemente ad esaudire in contemporanea ogni richiesta implicita nel suo
ruolo. Tuttavia la figura è sciolta nei movimenti, serena, armonica
nell’abbigliamento ed eretta. Nulla a che fare con la figura indefinita e
ripiegata in se (Lee appena uscita dalla clinica).
Ecco due possibili
letture. La capacità di muoversi con padronanza al di là delle limitazioni
se non ce ne si lascia intrappolare. Una persona non è classificabile per il
ruolo che svolge ma per come lo svolge.
La storia racconta dell’incontro fra Lee, una ragazza
insicura e timida, e Grey, un brillante (a giudicare dal suo stile di vita)
avvocato deciso e .. timido
(“Tu non sei timido, sei un avvocato”).
Se si
identifica ruolo sociale con identità personale l’inganno trova via libera.
Infatti
Lee non è timida (quando
si esprime è diretta e piuttosto esplicita, come per il discorso sulle
mutande a Peter in pubblico), bensì impacciata per la non esperienza a
muoversi nel mondo esterno. Mentre la sicurezza imperativa di Grey deriva da
una reattività accentuata agli stimoli interiori che non sa gestire (che lo
rendono timido, cioè timoroso dei sentimenti).
Dunque questo incontro
è il viaggio di uno nella zona d’esperienza dell’altro, nel suo segreto,
attraverso cui diventa possibile sperimentare la propria globalità.
Lee personifica
l’inconscio e le emozioni, in balia delle quali è (il non contatto
sociale, i vari tic), che Grey respinge perché lo mettono in agitazione
e si oppongono al suo ideale di perfezione (l’armonia del suo giardino).
Per lei, Grey diventa la figura di riferimento (che i genitori non sono
stati) che insegna a crescere nel mondo oggettivo.
Lui è la ragione che
ossessivamente tenta di dominare impulsi ed emozioni. “Impura” poiché mostra
ciò che non è, nascondendo la parte di se che sente disgustosa (la
lettera di scusa).
In lei scopre la
spontaneità e la possibilità di coesistere con il proprio segreto.
Si tratta dunque
dell’educazione del femminile (emozioni e sentimenti) e del maschile (autonomia
e desiderio).
In Lee lo slancio
verso il maschile-autonomia (il rapporto col padre ubriaco) non
riesce a procedere, è costantemente interrotto. Affiora dall’inconscio (i
vari tentativi di mettersi in contatto col padre) ma resta inerte (galleggia
nella piscina a faccia in giù o con il viso immerso per tre quarti
nell’acqua). L’acqua, (come il blu, colore privilegiato inizialmente
nell’abbigliamento), è anche ricerca di pace, un modo per placare
l’intensità del dolore, per annullarlo. Ma la capacità di sentire, anche se
menomata, viene “tenuta in esercizio” dall’autolesionismo, che tuttavia non
è distruttivo. Infatti nel momento in cui diventa pericoloso Lee decide di
sbarazzarsene (il tentativo di buttare via gli strumenti di “tortura”).
E’ una mossa titubante ma decisa: trova una via d’uscita alternativa (le
inserzioni di lavoro) dal proprio malessere attraverso l’emancipazione
(=prendere in
mano la propria vita)
da ciò da cui si origina.
Che la sua non sia
solo una personalità passiva viene evidenziato dalla prima inserzione che
cattura la sua attenzione (Diventa una leader), che viene poi
affascinata dalla parola che sottintende un mistero (il modo in cui la
pronuncia), che prenderà man mano corpo.
Il segreto per Lee è
un modo di proteggere la propria debolezza, che accetta e soddisfa, dagli
altri per i quali è incomprensibile e inaccettabile (la madre che chiude
a chiavi i coltelli, senza tuttavia affrontare la questione per comprenderla).
Per Grey, che si
vergogna della propria e cerca di inibirla, è potere che mette a nudo la
parte in ombra e, dunque, rende vulnerabili.
Grey tiene sotto
controllo le sue pulsioni, con estenuanti esercizi fisici. Dà la caccia agli
istinti oscuri che, sa, amano gli angoli nascosti, “considerando ogni
possibilità” (la caccia al topo, peraltro bianco, colore della
purezza e dell’indistinto). E’ esperto in questo (sistema lui la
trappola, cosa che Lee non sa fare). Per buttarli fuori da sé (li
libera fuori dalla casa/se).
Egli è severo ed
esigente con gli altri quanto lo è con se stesso. Il dominare è indirizzato
alla parte, di se o dell’altro, che ritiene di dover purificare,
perfezionare. Ma quando sfugge al suo controllo e non riesce a resistere,
coinvolgendo l’altro che viene così a conoscenza del suo segreto e ne
diventa partecipe (dunque acquista potere su lui), egli la mortifica (le
parole veramente cattive quando licenzia Lee).
Il colloquio di
assunzione e licenziamento (un tornare a prima dell’inizio/assunzione per
annullarlo completamente, come non fosse esistito, a rivelare che non è
intervenuto alcun cambiamento in lui) è uno stereotipo professionale-sociale
a cui Grey si attiene per ancorarsi alla normalità, rientrare in se,
frapporre la forma fra se e l’altro per non abusarne (un uso inverso alla
consuetudine). Come dimostra il buttar via, in tali occasioni, tutte le
penne rosse (strumento-simbolo della sua “perversione”), che tiene
“nascoste” nel cassetto.
L’apprendimento è
reciproco e passa attraverso lo stupore (entrambi si osservano, si
spiano, si sorprendono).
Lee è decisamente
fuori dal comune (il vestito, al matrimonio della sorella, che si
distingue da tutti gli altri abiti femminili in chiare tonalità pastello).
E’ ciò che mostra, quindi “pura”, anche se da “sgrezzare” dai numerosi tic e
gesti meccanici attraverso cui il suo inconscio lancia “maleducati” segnali
verso l’esterno per comunicare. Lo incuriosisce, anche con il rituale
attento e metodico (qualità maschili), che mette in atto per tenere “desti”
i sentimenti nonostante
tutto.
Grey si pone come
confidente, come guida : l’addestra al controllo della propria debolezza,
incoraggiandola a essere autonoma, dichiarando le qualità-capacità che ha e
inducendola a utilizzarle, lodandola. Con questo diventa un valido sostituto
dei riferimenti (madre e padre) che non ha avuto.
Lee scopre che il suo segreto può essere accettato e compreso, che la
sofferenza può essere stimolo a migliorare (illuminazione del volto dopo
la sculacciata). Avendo
avuto un maschile assente (il padre ubriaco) gliene serve uno
presente, severo ma costruttivo.
La dominanza di Grey è
un prendere le distanze dal (sentire il) desiderio che è carnale, di cui le natiche sono il
simbolo. Per questo le percuote.
Ma uno dei primi gesti che fa, nell’incontro con Lee, è aprirsi
(attitudine femminile),
mettersi a nudo - seppure inconsciamente - mostrando la propria interiorità con le
sue esigenze (accende la luce nel suo prezioso giardino di fiori rari che
nutre con attenzione).
Entrambi sanno chi
sono e vogliono perfezionarsi.
Grey insegna la
“forma” a Lee e, contemporaneamente, impara la “essenzialità dei bisogni” (Lee
che, pur sotto controllo in attesa del di lui ritorno, si permette
tranquillamente di urinare).
Il rapporto si arena
perché diventa ripetitivo e sembra non avere possibilità di evoluzione.
Lee non ha ancora
raggiunto una completa autonomia (il maschile/padre si fa ricoverare e
lei sente bisogno del sostituto/rapporto con Grey), ma non osa chiedere
ciò di cui ha bisogno.
La relazione sembra
normalizzarsi nei rispettivi ruoli professionali. Ma a Lee (e non solo a lei
visto che Grey di nascosto continua a spiarla) manca qualcosa e la vuole.
Diventa provocatoria. In un certo senso i ruoli si invertono. La tortura che
Lee porta avanti nei confronti di Grey è esattamente sulla di lui debolezza:
la fascinazione dell’oscuro (il verme) che, vissuto come imperfetto,
Grey rifiuta con il licenziamento, nella paura e difesa della propria
vulnerabilità.
Ma ormai la
trasformazione è stata avviata.
Il bisogno è diventato
desiderio di conoscenza (Lee sperimenta per scelta la propria “anomalia”,
quindi tenta di adattarsi alla “normalità” con il matrimonio con Peter,
adatto a lei perché come lei “diverso”),
che mette in pratica per comprendere ciò che vuole (assiste il “padre
nel suo nuovo stato di uomo sobrio”). Fino a che le diventa chiaro e può
dichiararlo. Non è più il bisogno a muoverla. Con questo essa non usa più la
debolezza di Grey, ma la accetta come parte integrante di lui che può anche
amare.
L’ultima “prova” è la
dimostrazione della propria emancipazione da qualsiasi schema. Il confronto
è a largo raggio. E viene portato avanti con la stessa determinazione e
chiarezza di Grey (introiezione del maschile), anche se in senso inverso
(mentre lui si oppone al desiderio, lei va verso).
Rifiuta il mettere su
casa come scontata scelta di normalità (il matrimonio con Peter), l’essere accudita cioè la dipendenza (il
cibo che la madre le porta), le norme, le convenzioni, le reazioni, il
dogmatismo (i discorsi della praticante e dei vari personaggi).
L’ultimo confronto è
con la propria libertà di essere (il padre/maschile risanato sostiene).
E’ in equilibrio (come
già anticipava la scena iniziale): passiva e attiva (obbedisce all'ordine di
Grey per manifestare ciò che vuole) .
Ora che ha conosciuto
il proprio maschile, ed è quindi diventata totale, vuole mostrarsi
integralmente e conoscere la globalità di Grey.
Accettando Lee e il
suo amore egli ammette i propri i sentimenti (il lato femminile), li nutre e
se ne prende cura (le porta da bere e la prende in braccio).
Rispondendo all’ultima domanda che lei gli pone e che le racchiude tutte,
'dove è nato' (che simbolicamente è l’inizio) Grey dimostra di
esserle pari.
La conclusione
potrebbe sembrare un banale lieto fine se non fosse per lo scarafaggio,
deposto sul letto sistemato con un certo perfezionismo (accettazione della
personalità dell’altro), a significare che l’oscuro, e quindi l’equilibrio,
non è mai conquistato definitivamente.
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