Unbreakable - Il predestinato
di M. Night Shyamalan
(per chi non l'avesse visto : questo commento può contenere elementi chiave e il finale del film)
Indubbiamente un film
sugli opposti.
Il bianco e il nero,
metafora di buono e cattivo. Il solido e il fragile, metafora di salute e
malattia in senso lato.
Tuttavia l’Eroe è
inconsapevole e fugge davanti alla evidenza, mentre l’Antieroe, più che
consapevole, è alla ricerca di un senso per il suo esistere, se non
sull’esistenza stessa.
Nessuno dei due ha scelto
il proprio destino, che in un modo o nell’altro condiziona le relazioni con
gli altri. Però determina come affrontarlo.
Uno lo subisce, con un
malessere interiore che fa scivolare la sua vita da un futuro promettente a
una quotidianità pervasa da sensazioni di svuotamento e disagio. L’altro lo
combatte, riuscendo a trasformare un prevedibile futuro disastroso in
successo.
La sofferenza consapevole
è, qui, spinta all’evoluzione e al sapere.
Il “malato” è creativo
: cerca di capire chi è, il senso della sua diversità. Cerca una risposta,
costi quel che costi. Pretende il diritto di essere ciò che è. Non vuole
essere compatito. In un certo senso egli accetta il proprio destino ma
rifiuta di esserne vittima. Non vuole essere: mediocre, stereotipato (nel
senso di predeterminato dalla casualità).
L’ “indistruttibile”
rifiuta il proprio destino ma ne è soffocato. Ha bisogno di scontrarsi con
l’opposto per riconoscersi per ciò che è e accettarlo. L’altro è la sua
“ombra”, la parte oscura che potrebbe essere, perché ne è complice non
avendo assunto la responsabilità di se stesso.
Dunque, per entrambi, un
contrappeso : l’indistruttibile è interiormente fragile, il gracile forte
nello spirito.
Essi sono
indissolubilmente legati. Il “male” de-genera perché il “bene” non fa la
propria parte. Ovvero il “bene” non esiste se non riconosce il “male” che
porta dentro.
Il punto vulnerabile
di entrambi è l’acqua. L’abisso dell’inconscio e delle emozioni,
ingovernabili se non arginate dalla comprensione. L’emozione di sgomento e
disperazione che tocca uno fin tanto che rimane vittima della sua “sfortuna”
e l’altro sino a che si sente in colpa per la sua “fortuna”.
E’ la mancanza di fede
in se, che deriva dal non vedersi totalmente “in bene e in male”. Il capire
parziale, senza apprendere nella carne. L’abitante oscuro dorme, sonnecchia,
si muove a tentoni, reagisce a istinto, tentennando o con prepotenza ..
resta sordo. Quando il suo udito si apre ad accogliere, il capire ha un
altro sapore.
Chi è questo abitante
oscuro, dagli occhi lucidi di una luccicante tenebra, di una profondità che
sale in superficie raramente e si ferma soltanto a filo d’acqua, perché
spaventati si scorge il proprio volto cambiare contorni, quasi sciogliersi e
lo si caccia indietro non sapendo cosa potrebbe accadere.
Chi è ? Un prigioniero
o colui che imprigiona?
<Adesso che
sappiamo chi sei tu, forse sapremo chi sono io> dice l’Ombra alla Luce.
Perché c’è sempre una correlazione fra i due principi, bene e male.
Ovvero
ora che l’Eroe si è
fatto carico del suo “compito” e ha tirato fuori la propria forza, anche in
maniera violenta, per quanto a fin di bene, dovrà pure fare i conti con il
“male” che è in lui.
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