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Simbolismo & Film

 

La 25° ora di Spike Lee 

 (per chi non l'avesse visto : questo commento può contenere elementi chiave e il finale del film)

 

La premessa filmica anticipa e sintetizza il racconto : nell’oscurità un cane viene malmenato e abbandonato in condizioni disperate. Il protagonista lo trova e pensa di ucciderlo per porre fine alla sua sofferenza, ma resosi conto che è ancora pieno di vita decide di curarlo, nonostante il parere contrario dell’amico che lo accompagna e la pericolosa aggressività dell’animale.

Il cane spaventato, che ha una zampa ferita, gli morde il collo.

Ovvero.

Monty, il protagonista, va incontro a un tradimento nascosto (oscurità) che produce da un lato il suo imprigionamento (il cane malmenato e abbandonato), dall’altro una crisi nelle relazioni (la zampa rotta). Inizialmente (come il cane) è preso da una rabbia generalizzata verso tutto e tutti, pur tuttavia decide di assumersi le proprie responsabilità (raccoglie il cane) prendendo possesso (il morso) della propria interiorità (il collo, che rappresenta la comunicazione dell’anima col corpo).

Con ciò egli si rifiuta di subire il destino, come la parte di se (l’amico che lo accompagna)  “normale” - nel senso di suggestionata dal cosiddetto comune buon senso (la citata legge di Murphy) - e accetta il fatto che venire “catturati” (rinchiude il cane nel portabagagli per portarlo a curare) è un bene (il discorso sui bambini e le iniezioni).

 

 

Mentre la vita scorre inarrestabile e semplice (l’onnipresente fiume con il rimorchiatore), sottolineando il contrasto fra Natura e struttura sociale, tutto accade.

 

La questione non riguarda il “peccato” commesso, né le motivazioni-giustificazioni di una scelta criticabile, né tanto meno il rapporto fra individuo e società, che appartengono al tempo scandito dalle 24 ore standard. 

La 25 ora è lo spazio soggettivo del processo di individuazione. Poiché fuori dal tempo e dal mondo è il confronto con se stessi.

 

I personaggi possono essere suddivisi in due gruppi : sociale e personale (Naturelle, il padre, Jack e Frank).

Il primo comprende i “nuovi amici” (zio Nicolai & co) e l’istituzione (i poliziotti) che rappresentano interferenze esterne con cui deve fare i conti ma da cui, nonostante tutto, riesce a svincolarsi, in un modo o nell’altro. Ma anche i suoi simili, in senso lato, ovvero la razza umana a cui appartiene.

 

La non identità di chi ha tradito non permette proiezioni all’esterno, nonostante il sospetto, ma lo mette a confronto coi sentimenti. Per un verso lo allontana dalla propria natura emotiva vibrante (Naturelle che ancora lo fa sognare) pur senza spezzare il legame esistente, ma anche lo avvicina alle proprie radici (il padre e i vecchi amici). Contemporaneamente, diventa consapevole di avere tradito se stesso.

 

Jack e Frank, i vecchi amici, rappresentano il precario equilibrio fra sentimento e ragione (di Monty), con gli evidenti contrasti che sottolineano il disequilibrio.

Jack, il professore che si occupa e preoccupa dell’altro, è un sognatore, un idealista, che però non osa, ingabbiato dall’educazione cioè dai condizionamenti esterni.

E’ sentimento e integrità (che Monty non tradisce nemmeno per salvarsi) anche se trascurati (le possibilità mancate).

Frank, audace e sicuro, invece, è uno che rischia, con prepotenza anche. Cura la propria immagine, ma è “selvatico” (il comportamento “informale” a tavola).

Ha una critica acuta che gli permette di riconoscere il “bene” dal “male” (la zona cosiddetta malsana fuori casa sua) e di navigarci in mezzo.

E’ razionalità (le scelte opportunistiche di Monty, il sospetto, l’accusa ma anche l’autocritica), cioè ragione snaturata che ha preso il sopravvento.

 

Frank è il giudizio critico, che deve “rimediare” al danno fatto (per farlo rientrare in se).

Jack il perdono, l’accettazione incondizionata, che accoglie e rassicura (lo sorregge dopo il “castigo”).

 

Il padre rappresenta le radici soggettive (completate dalla foto e dal ricordo della madre), all’interno di quelle oggettive: la razza umana a cui si riconcilia (la sfilata dei personaggi, contro i quali dapprima inveisce, da dietro il finestrino).

 

Non c’è recriminazione verso la debolezza del padre, la cui egocentrica disperazione – non così lontana dalla sua anche se sostanzialmente diversa – lo ha abbandonato a se stesso, ovvero non gli ha dato modo di tenere in considerazione l’altro.

L’orgoglio, aspetto reattivo del senso di abbandono, cede così che possono “ritornare” insieme verso il futuro.

E’ un viaggio verso tutto e niente.

Verso il deserto: l’indifferenziazione iniziale, fecondità e sterilità.

Verso Ovest .. il Far West, radice dell’America, (a cui la bandiera sventolante fuori dall’auto rimanda) con tutte le contraddizioni che comporta.

L’Ovest è, simbolicamente, il luogo dell’Introspezione (e in questo film non manca) e dell’Intuizione, come del Sogno Diurno o dell’Illusione.  

 

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