I tarocchi     Cosa sono     Dell'Interpretazione     Le Stanze Arcane     Gli Opposti     La Stanza Giochi

 

Funzioni e Arcani

 

FUNZIONI

Impulso

Sentire

Collegare

Orientarsi

Radicarsi

Manifestare

Curare

 

ARGOMENTI

Comunità

Difese

Educare

Origini

Pensiero

Primordiale

Relazione

Sesso

Verbo

 

Collegare

Per riuscire a collegare, comprendere e comunicare c’è bisogno di chiarezza, completezza e sperimentazione.

 

E il bambino, infatti, osserva tutto e tutto tocca, sperimenta e chiede costantemente. Non si ferma al primo ostacolo, prova e riprova. E’ un gran osservatore curioso, cioè ha cura e si preoccupa di collegare tutti gli elementi per apprendere e comprendere. In un certo senso si informa sulle possibilità di ottenere ciò che desidera e come. E migliora la comunicazione per farsi intendere.

E questo è l’uso proprio del pensiero.

 

Ma se la risposta che riceve è sempre un surrogato, alla fine, penserà che non c’è altro e si accontenterà di quello che c’è, ma continuerà a sentire una mancanza senza riuscire a definirla che lascerà zone oscure dentro di lui. 

Accontentarsi di quello che c’è perché non c’è altro, cioè chiedere altro da ciò che desidera, non può soddisfare. Il pensiero si distrae, si contorce e complica. E’ altrove, anch’esso, così che può accadere che se gli viene inaspettatamente dato ciò che realmente desidera, resterà confuso, non riuscendo a riconoscere il desiderio originario. Ha perso la speranza. Pensa che non sia possibile.

 

Accontentarsi (dal lat. a: movimento verso – contenere) non può significare rinunciare a ciò che si vorrebbe contenere. Caso mai rendersi contento con questo.

 

L’impulso viene seppellito sotto scorie di concetti troppo astratti che lasciano il sentire muto. La curiosità si addormenta o, irrefrenabile, divaga altrove per trovare vie d’uscita. In un caso, tutto quello che riuscirà a imparare saranno nozioni e concetti astrusi, senza radici in lui. Nell’altro, il rischio è quello di riempirsi di concetti “inanimati”, perché solo razionali o esterni.  Comunque impossibili da trasmettere ad altri, se non come un replicante, che per quanto dica cose interessanti addormenta. Perché non c’è pathos in ciò che si comunica se in qualche modo non lo si contiene.

Si ripete o pontifica, senza scambio. Il collegamento con l’altro va perso.  

Dal mancato collegamento fra impulso e sentimento nascono i malintesi. Si presume, anziché sapere, sovente nel raggiro di una funzione verso l’altra.

 

Forse (estremizzando) l’età dei “perché?” nasce proprio da questa separazione, indotta dall’esterno, che il bambino non comprende e che gli sembra assurda. Gli si chiedono cose incomprensibili (per esempio di non essere più integro .. per buona educazione) e non gli si forniscono risposte  ragionevoli.

Potrebbe essere molto interessante riuscire ad arrivare alla  domanda da cui nasce il “perché?”. Che non sempre è la curiosità di comprendere come funziona, a cosa serve, come arrivarci ….  Ci sono delle domande che lasciano a bocca aperta e innervosiscono, persino. Non in quanto cascano fuori luogo, in momenti inopportuni, anche se così ci diciamo, bensì perché non ne cogliamo il senso. Ci colgono impreparati e ci confondo. 

Bisognerebbe fermarsi a chiedere il perché del perché e vagliarne la risposta, applicando un’ analisi realmente critica, oltre gli schemi. Se alla domanda, che parte da un presupposto essenziale per il bambino,  si dà una risposta partendo da altra ipotesi, non potrà che essere fraintesa e generare confusione.

 

Non è che il bambino non sia in grado di recepire. Ha bisogno di attenzione e di una comunicazione leggera, adatta a lui, ma stimolante e significativa. Ha bisogno del “Verbo”, cioè  almeno di “sentire” che ciò che gli si dice è “vero. Per mettere da parte la domanda con quanto ha accolto della risposta, che lieviterà in lui, e rispolverarli quando sarà pronto a fare un altro passo.

Ma se si passa dalla ovvietà senza senso alla complessità saccente che appesantisce (ed è in ogni caso insensata), quello che viene trasmesso e che il bambino recepisce saranno la banalità o la pesantezza, che lo faranno sentire inadeguato. E, prima o poi, smetterà di fare domande, cioè si chiuderà.

Resterà intrappolato da confini che ritiene invalicabili, con cui terrà a bada lo “straniero” che non riesce a comprendere .. per paura di non riuscire a comprendere un’altra volta.  

 

Quando le tre funzioni di base sono state “Iniziate” si passa all’ “addestramento pratico”, che viene influenzato

- dalla famiglia (mettere radici). Sia che se ne imiti o rifiuti i modelli

- dall’educazione-scuola (di-mostrare).

che imprimeranno o meno delle patine (pellicole della cipolla) sul bambino, influendo sulle modalità di collegamento interno e esterno, cioè sulla relazione.

E le relazioni, in generale, attraverso la trasformazione che implicano, potranno rafforzare, indebolire o ribaltare queste “pellicole”.

L’altro potrà essere vissuto come un estraneo da rifiutare. Come uno straniero, cioè diverso, che incuriosisce e diverte ma rimane “fuori dalla normalità”. Oppure accettato e compreso nella sua diversità, che può arricchire la propria. 

Quando si sconfina all’esterno, dal proprio mondo a quello dell’altro, nel contempo accade all’interno, verso il cuore della cipolla.

HOME    .    I Tarocchi    .    Astropatie    .    Simbolismo e Film    .    Home Temperamentum    .    Tavola Argomenti

Licenza Creative Commons  Questa opera è pubblicata sotto una Licenza Creative Commons