La vita si basa sugli
opposti, inconciliabili solo in apparenza, poiché necessari o impliciti
all’esistenza.
Il legame fra due
polarità opposte crea energia. Lo scorrere dell’energia da un polo
all’altro le unifica. Questo spostarsi fluido dovrebbe evitare gli
eccessi, distribuendo l’energia equamente.
Il conflitto non nasce
dall’opposizione di due energie-spinte, bensì rappresenta il segnale
di un improprio o inefficace flusso e uso delle funzioni. Questo può
derivare dal mancato o esagerato utilizzo di una polarità e/o dalla sua
complicazione, sia in eccesso che in difetto.
Vale a dire, per
esempio, che pensare troppo raffredda o scatena le emozioni, le
dissimula e quindi porta atteggiamenti esterni modificati dal pensiero,
inibendo la spontaneità. Così come un eccesso di emotività porta
pensieri esaltanti o deprimenti, con conseguenti comportamenti falsati o
impediti. E così via.
Le modalità si
deformano, non più dirette, seguono scorciatoie o tortuosità
insensate.
Perché più che pensare
all’emozione bisogna percepirla e sintonizzarsi, sentirne la risonanza
e lasciarla vibrare naturalmente. Per evitare a razionalizzazioni di
dare forma, anche se astratta, a qualcosa che forma non ha .. creando
“fantasmi” (termine imparentato con la parola fantasia) che portano irrigidimenti, paure, sofferenza inutili.
Ne consegue
un’esplosione o implosione, un blocco o un’eccitazione
incontenibile, un’irregolarità nel flusso, un girare a vuoto, una
vibrazione fissa, interrotta senza eco o contraccolpo .. cioè muta.
A volte, il privilegiare
un polo a discapito di un altro può essere una necessità “vitale”.
Ma l’equilibrio interrotto dovrà venire ripristinato con le opportune
trasformazioni, altrimenti ci sarà un contraccolpo dannoso, che può
dare inizio a un’ “aritmia cronica”.
Le conseguenze certe
saranno paura e rabbia.
Paura
di soffrire di nuovo, senza rendersi conto che la paura implica una
sofferenza già in atto e costante, a priori, che paralizza - sulla
difensiva o offensiva che sia - con l’incapacità a trovare soluzioni.
La
rabbia, anche se non riconosciuta, viene proiettata all’esterno e non
permette serenità di giudizio. Per cui l’ostacolo sarà visto sempre
e solo fuori. Ma un ostacolo oggettivo anche se può certamente gravare
sull’armonia, non può infrangerla. La frattura dissonante è sempre
interiore.
Poiché
la norma prima è la vita, anche una distonia avrà come obiettivo
principale la propria sopravvivenza, salvo il venir purificata e
ri-trasformata riportando l’energia al suo flusso proprio.
E’, quindi, importante
che le funzioni vengano usate propriamente, liberandole dalle modalità
che la distorcono.
Reprimerle o negarle,
non serve che a mantenere lo status quo staticamente. Il che
equivale a cadere in un circolo vizioso senza vie d’uscita. Si
percorrerà, quindi, l’esperienza sballottati da un estremo
all’altro oppure con una funzione anestetizzata e un’altra
estremizzata, col rischio di meccanismi compensatori “cronici”, che
"intossicano".
Se
non nutro, accetto e rispetto la totalità dell’essere si formeranno
alterazioni nel ritmo naturale, che provocheranno dolore o alla cui base
è il dolore.
L’organismo
perfetto della natura tende ad antagonizzare il malessere con
automatismi impercettibili che provocano
piacere, eccitamento o , al contrario, anestetizzano. Il pericolo è
tendere a ripetere o, addirittura, provocare in modo stereotipato tali
situazioni di sofferenza, per una sorta di assuefazione. Naturalmente ciò
non è intenzionale e, quindi, è possibile non rendersene conto.
Ci
si aggrappa alla sofferenza “abituale” perché conosciuta,
scivolando nel falso presupposto che appartiene alla propria natura,
senza muoversi per trovare uno sbocco creativo,
armonizzante e liberatorio, pur anche dirompente se necessario.
Ma noia, mancanza di sentimenti e, a volte, una reattività o volubilità
accentuate tradiranno il malessere sottostante.
La
contrapposizione delle due polarità è necessaria, come contrappeso. Ma
se un polo è troppo forte può buttarsi
per compensare sull’altro, che va in sovradosaggio.
Lo
spirito tende ad elevarsi, qualcosa deve ancorarlo alla terra altrimenti
si disperde. L’anima a sprofondare, quindi, deve venir sollevata dal
cielo, altrimenti si inabissa.
Si
dice che chi cerca lo spirito beve, per inebriarsi, “innalzarsi”.
E chi cerca l’anima? .. qualcosa dovrà pur penetrare!
Spesso ciò che appare
è esattamente l’opposto di ciò che è, che esce mascherato perché
non sufficientemente “forgiato”. Così può essere che la persona più
flessibile mostri una rigidità non reale (essere talmente aperti da
chiudersi), mentre quella esternamente più malleabile può
permetterselo proprio perché interiormente è un carro armato (essere
talmente chiusi da aprirsi).
L’equilibrio
sta nell’oscillazione armonica fra questi estremi (aprirsi e
chiudersi).
Dunque,
Qualsiasi cosa siete ..
siatelo fino in fondo.
Purché siate sicuri di
ciò che siete. Per non essere altro.
Essere
se stessi senza essere solo uguali a se stessi, ma rinnovati e riuscire
a stupirsi.
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