In
fondo, integri o non ancora, si manifesta (rende palese dal lat) per condividere.
Il
Lavoro del bambino è essere, crescere, imparare e ci si impegna
seriamente, a fondo, con le sue modalità. Ottenuto un risultato ne è
fiero e lo mostra. Cerca approvazione e plauso, a conferma che ciò che
ha fatto è buono. E’ un momento delicato. Bisogna “correggere”,
cioè reggere insieme per sostenere, l’ “errare alla ricerca di
sé”.
Un
rimprovero può essere fermo e leggero allo stesso tempo, chiaro sul
problema, quindi non lesivo. Mentre il disinteresse, la critica
denigratoria, la derisione, la
minaccia, l’insulto, quando siano costanti, esplicitano la loro
ingiustizia poiché offendono globalmente. Ne deriva un senso di
inadeguatezza se non di inutilità.
Il
bambino per quanto forti senta le sue convinzioni è vulnerabile,
perché dipende dall’altro che dovrebbe averne cura. Ha bisogno
di distinguere il male da sé. Di capire che non è lui non buono, ma
qualcosa che ha fatto. E quale e perché esplicitamente. Per
rimaneggiarsi senza diventare altro da sé.
Diventare
altro da sé mortifica. Fa sentire impuro. Ed è così, ma nel senso di
non essere ciò che si è. Non perché si è non buoni, sbagliati, ma
perché non si vale per quello che si è.
La
manifestazione e l’espressione diventano parziali, banali, titubanti.
O, al contrario, esageratamente rumorose.
Uno
tace e l’altro urla contro l’ingiustizia. Deviano l’attenzione da
ciò che sono, mettendo un altro abito. Uno quello che gli viene
proposto, l’altro il contrario. E’ una difesa che, protratta, lo
snatura, rendendolo conforme alla normalità. Senza valore intrinseco.
Non
viene riconosciuto per quello che è, quindi, si manifesta per quello
che non è. Per quello che gli viene richiesto: conformismo, ipocrisia e
simulazione o, anche, anticonformismo (che è una reazione contro. Ben
diverso quindi da essere non conformista), impertinenza e ancora simulazione.
Alla
fine non riesce più a distinguere. Crede di essere la caricatura che lo
hanno fatto diventare. Beneducato o maleducato. Ma fra i due c’è educato.
Verso
cosa mai riuscirà a proiettarsi dall’apparenza in cui
è stato costretto?
Mutilato,
si muoverà solo con una parte di sé. Adattato o reattivo o, anche, a
fasi alterne, avrà comunque difficoltà a vedere il proprio valore. Ne
seguirà uno altrui, rendendosi conto che non gli calza addosso, ma
senza riuscire a cavarsene fuori, si sentirà diverso come fosse una
macchia.
Misurerà
se o gli altri con una bilancia imprecisa, in più o in meno. Si
aggregherà a persone normali per sentirsi normale o a diversi
sentendosi diverso, senza però capire chi veramente sia.
Proiettarsi
verso il futuro richiede una buona base su cui poggiare, una norma a cui
essere conforme. La propria, che non può essere conforme a quella
altrui.
Mostrare
in prospettiva significa darsi un valore e condividerlo con
l’altro, alla pari. Bisogna essere solidi per poter essere solidali.
Alla
pari : io per quello che sono, tu per quello che sei. Entrambi
“buoni” seppure differenti.
Per
proiettarsi, con sentimenti affini, verso ideali e progetti comuni,
rappresentandoli e immaginandoli in un’ottica futuribile. E scartare
tutto quello che non corrisponde. Ma se non si dà un valore a se
stessi, a cosa si potrà dare vero valore? Tutto da scartare.
Per
essere alla pari bisogna riuscire a distinguersi dall’altro, per comprendere con chiarezza quello che si è e cosa è l’altro, senza
che questo significhi eliminarlo.
E’
il metro della Libertà che il tempo porterà, di volta in volta, ad
ampliare e perfezionare.
E’
lo spazio necessario alla Libertà, che nulla ha a che fare con
intolleranza o indifferenza, che la mortificano.
Anche
se per raggiungerla si attraverseranno fasi di egoismo, per proteggersi
dall’invadenza altrui fino a che non ci si sia riappropriati di se
stessi, e di individualismo eccessivo, che è un transito all’interno
del processo di individuazione che porta essere “individui unici
proiettati verso l’universo che condividono”.
Ci
si distacca per essere ciò che si è e tornare all’altro come ciò
che si è. Per accettarlo e rispettarlo in libertà reciproca.
O per abbandonarlo se non corrisponde. E richiede anche
improvvisazione per cogliere al volo qualcosa con cui, si, si potrebbe
anche collimare.
Non
si è egoisti o altruisti a oltranza. Dipende. Dall’orizzonte verso
cui si guarda.
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