Il pensiero è la funzione di collegamento.
Raccoglie
dati e li mette insieme per capire e riconoscere il mondo circostante.
Classifica, distingue e analizza per non confondere e dopo confronta e
sintetizza.
Impara
a decifrare e comprendere l’esperienza, quindi anche impulso e sentimenti, per analizzarla e
utilizzarla, onde evitare di ricadere negli stessi errori con inutili
perdite di tempo e di energia, dandosi nuove possibilità.
Aggrapparsi
al passato, cioè a sentimenti di allora, non
permette di pensare al presente. Lo zavorra con scorie e filtri ormai
superati. Il pensiero si trova limitato nelle stanze di ricordi non
rielaborati e non riesce così a rinnovarsi. Replica, seppure con
personaggi e situazioni diversi.
Il
collegamento fra impulso e sentimenti approfondisce l’esperienza, che
il pensiero confronta con logica, senso
critico, per ampliarsi e affinarsi.
Impara a cogliere il legame fra i
diversi componenti, permettendo di scegliere con chiarezza e trasformare
ciò che è necessario.
Apprende
e si informa attraverso esperienze nuove e più ricche.
Immagina, cioè
progetta idealmente, applicando quanto appreso per dare poi corpo ai
sogni. Utilizza cioè la riflessione come scansione di un’ipotesi.
Pensare
in prospettiva, non significa fare congetture,
bensì utilizzare l’appreso per progettare e individuare i
passi necessari a raggiungere un obiettivo verso cui ci si dirige. Per
prevedere i possibili sviluppi, con un riadattamento costante man mano
che l’azione avanza. Dunque,
pensare e agire dovrebbero muoversi più o meno in contemporanea .. in
sintonia fra loro e col sentire, per non scivolare fuori
dall’esperienza in atto, all’indietro o in avanti che sia.
L’azione
è indirizzata e guidata dal pensiero in base alle aspettative che il
sentire determina.
Se
manca un obiettivo seppur minimo, ovvero non ci sono aspettative,
l’azione sarà disorganica e superficiale. Limitarsi a ciò che
arriva, indistintamente, accumula
materiale inutile che soffoca il pensare. Il che tradisce che è
intrappolato in qualche stanza di ricordi. E, se non se ne esce, l’agire
inciamperà inseguendo mete che non ha.
La
mente dovrebbe essere usata per costruire mattone su mattone, giorno per
giorno, quello che può raggiungere in un attimo.
Il
lampo di genio, che si può dire sia il risultato di una macerazione
inconscia di informazioni assimilate, ha bisogno poi per concretizzarsi
del procedere pratico affiancato dal pensiero verso una realizzazione
desiderata. Non basta pensare di costruire qualcosa, bisogna metterlo in
atto. Altrimenti resta incompiuto.
Se
questo può essere palese nelle realtà oggettuale, diventa più confuso
a livello di relazione. Il collegamento teorizzato, se coinvolge un
altro, deve venire comunicato con chiarezza. Altrimenti si perde e il
pensiero si vanifica.
A
volte, si pensa di costruire un rapporto, con la mente si può perfino
essere già in rapporto, ma se non lo si manifesta chiaramente resterà
storpio. Ognuno se lo vive da solo con pensieri precostituiti che
impegnano la mente e intralciano l’agire. Non sa niente dell’altro o
quasi. A cosa potrà mai rispondere?
La
comunicazione trasmette il pensiero da un soggetto all’altro, creando
un canale che permette di intendersi e condividere. Man mano che cresce
diventa significativo e unificante, perché unisce chi parla a chi
ascolta.
Perché
questo canale sia funzionale è necessario ascoltare con la testa
libera, senza passare attraverso le stanze della mente deformate da
paure e preconcetti. Così come esprimere senza tentennamenti o falsi
pudori il proprio pensiero, e anche le proprie incertezze.
Se
si esclude una cosa, ascoltare o esprimersi, la comunicazione zoppica.
Si rischia di cadere nel malinteso, nelle supposizioni, in ripensamenti
sterili poiché senza reali parametri di confronto.
Se
questo collegamento non esiste ciò che viene comunicato non ha
importanza, al di là che sia significante o meno. Non verrà recepito.
Mentre anche un discorso apparentemente banale può venire arricchito
dal condividere la medesima “frequenza” che lo impregna. In assenza
di entrambi (significato e collegamento) si cade nella superficialità
e noia.
La
chiarezza è la chiave perché le funzioni di un individuo o di un
rapporto (di qualsiasi tipo) siano adoperate propriamente.
Proviamo
il collegamento.
Voglio
ma l’esterno pone dei limiti che “costringono” a sentire, cioè a definire
col pensiero quello che posso volere.
Quindi mi oriento, adattandomi alla realtà, verso un obiettivo.
Che
manifesto. La manifestazione può essere duplice, “sobria” rispetto
a ciò che voglio, “vanitosa” per quanto voglio dimostrare
all’altro. Ciò che mi ritorna porta a riflettere e a separare
sobrietà da
vanità, ricollegandomi all’obiettivo e definendo
meglio ciò che voglio veramente, facendo i conti con la realtà
esterna.
Mi
muovo con attenzione, penetro nell’esperienza. I confini del mio
obiettivo diventano più netti mentre scopro nuovi punti di vista,
che influiranno sulla loro espansione o meno.
Accetto
o subisco le limitazioni necessarie perché devo tenere conto della
libertà altrui. Riconosco il superfluo o l’aleatorio e lo
elimino. Quindi mi rioriento.
|